giovedì 18 settembre 2008

Comunque, a prescindere da cosa soggettivamente si vede migliore o peggiore, il fatto in sé resta inconfutabile e incontrovertibile: la parola scritta è una buona cosa. Una delle migliori che il genere umano ci abbia dato modo di apprezzare e, se mi è consentito aggiungere una opinione personale, l'espressione più alta dell'essere umano, proprio in quanto umano, abile e diverso dall'animale (che pure non è genere privo di specificità degne di nota).
Si potrebbe qui aprire il discorso sulle PAROLE SCRITTE che restano e le parole scritte che si DISPERDONO (numericamente sono le più, ma questo non dimostra forse il carattere di importanza della parola scritta? se fosse così semplice resterebbero tutte e nessun livello di elevazione potrebbe essere raggiunto senza la naturale "selezione", quindi DEVE essere così e non altrimenti).
Le parole che si disperdono sono quelle che hanno un uso e una durata limitate nel tempo, si leggono e si buttano via, si dimenticano; oppure quelle altre che, pur avendo l'intenzione e la volontà di durare non ne hanno la forza, non RESISTONO, perché non valgono quello che vorrebbero. E ciò per diversi motivi, ma il più importante di tutti, quello che vanifica ogni resistenza della parola scritta, è dato dall'essere una parola non vera, una menzogna insomma.
La parola, la parola scritta, la parola vera: tutto questo per me era ACETO, e lo è ancora, ancora di più.
Amo ancora le lettere e le parole. Scrivendo ho, se non risolto, diversificato molti dei miei conflitti. Aldilà di ogni divergenza, spero, tra la donna che sono e la scrittrice che da sempre desidero diventare, ho cercato di trasferire nella parola scritta l'essenza piena del mio essere prima di tutto, individuo vivo e verace, tentando cioè di sintetizzare il pensiero e l'azione, le mie parole e la mia vita, in una cosa sola.
Non so se ci riesco appieno, ma tengo sempre presente a me stessa quella prima parola: ACETO - ottimo condimento, se usato nelle giuste quantità; in grado di esaltare, col suo gusto alcolico e acidulo molti sapori, di dare brio e particolare retrogusto alle pietanze più comuni; buono anche per pulire, discrostare, lucidare molte cose, rivelandone così la luce e la bellezza, ma mai piatto di portata.
Il plateau royal è la vita. La vita è sostanza e la parola pur sempre condimento, pur sempre aceto.

venerdì 12 settembre 2008

Considerando che mia madre non stava mai con le mani in mano ed era sempre occupata in qualche faccenda domestica, imagino che per lei, dopo un numero irragionevole di volte che la distoglievo dalle sue cose con quella stessa domanda, fosse una cosa da un lato fastidiosissima ma che, d'altra parte, la esonerava dal fatto di dover coattivamente partecipare ad altri giochi che non potevano essere giocati da soli.
Ero una bambina tranquilla, diciamo, mi si poteva non sentire per delle ore tanto mi piaceva giocare da sola, con l'abecedario. Ad ogni modo, va da sé, la statistica e il calcolo delle possibilità fecero la loro parte, e ci vollero parecchi tentativi e parecchi pomeriggi prima che infilassi una parola di senso compiuto... per lo meno in italiano si intende e non in ostrogoto, russo, o inglese, lingue che per mia madre erano tutte ugualmente incomprensibili. La prima parola fu ACETO. Me lo ricordo ancora perché ci fu un gran chiasso quella sera a casa, o così almeno mi sembrò, intorno a quel piccolo fatto che per me aveva il valore di una medaglia olimpica. Ce l'avevo fatta! Finalmente anche io avevo i potere di FARE LE PAROLE. Mi sembrò una cosa grandiosa, anche se ancora oggi mi chiedo perché.
Cioè, dico meglio, adesso lo so, credo di saperlo, ma quello che mi rimane di difficile comprensione è perché allora, non oggi, per la bambina di circa quattro anni che ero, fosse così entusiasmante fare le parole quando in realtà le parole già le facevo parlando (e quante ne sapevo fare!) e, di contro, non le avrei sapute né scrivere né leggere e, a ben vedere, non avrei saputo neppure ripetere l'unico esperimento riuscito: aceto.

Quello che era importante era LA PAROLA SCRITTA.
Certo non sapevo che i latini avessero diffuso nel mondo quel millenario motto: "Verba volant, scripta manent" e neppure di quante inutili parole parlate il mondo si desse pena di proferire quotidianamente, come fossero aria, aria soltanto, e non sforzo del pensiero che cerca e deve trovare le parole per esprimersi.
Meno che mai, a suffragio dell'importanza che le decretavo in maniera inspiegabile ma altrettanto SICURA, niente sapevo di libri e della loro importanza, la più grande eredità che l'umanità da millenni ha prodotto e produce e alla quale ognuno può, volendo, accedere e anche utilizzare, ascoltare e abusarne a proprio piacimento. C'è di tutto in fatto di libri, c'è stato di tutto nel corso della storia, anche se a me pare che il tutto che c'era prima fosse un po' meglio del tutto che c'è oggi, ma è vero anche che ogni nuova generazione, e tutte le generazioni sono state "ultime" prima di non esserlo più, hanno avuto il medesimo sospetto che io ho adesso.
Quindi, nessuna novità.
...Continua...

martedì 9 settembre 2008

Non avevo ancora quattro anni...

Non avevo ancora quattro anni quando la passione per le lettere si impossessò di me.
Non per la letteratura, è chiaro, ma proprio per le lettere, tutte le lettere dell'abecedario. Con la curiosità che un bambino può avere per le cose personali del suo fratello maggiore, molte volte andavo frugando nella cartella del mio, quando lui era fuori, intento a giocare con i compagni. Ero affascinata da quello strano strumento che, beninteso, per me era solo una serie di disegni colorati, e assolutamente determinata a indagare meglio intorno a quelle cose che chiamavano lettere. Mi avevano raccontato una storia, bellissima e per me misteriosa, secondo la quale quell'affare serviva a FARE LE PAROLE.
Quindi l'idea di costruire delle parole, infinite parole, tutte, con quell'attrezzo che diventava nella mia piccola mente un'idea fissa, o meglio, un gioco a cui volevo tanto giocare. Che non sapessi ancora leggere era, per me, un dettaglio insignificante. Tempo ne avevo e voglia anche di più, quindi, per prima cosa, questa era la priorità che sentivo più urgente, bisognava che trovassi il modo di averne uno tutto per me. Tanto insistetti che i miei me ne recuperarono un esemplare, un po' sghimbescio e logoro ma, per quel che ricordo, integrale e coloratissimo. Ero felice. Ogni pomeriggio, sui gradini delle scale di casa, apparecchiavo il mio agognato abecedario e, in maniera del tutto casuale, secondo ispirazione per così dire, prendevo un tot variabile di lettere e le disponevo una accanto all'altra per fare LA PAROLA.
Non essendo in grado di leggere, non ero capace di valutare autonomamente il risultato delle mie prove, quindi, ogni volta, dopo averle disposte meticolosamente e con grande rispetto verso ognuna di esse, correvo dalla mamma e le chiedevo di venire a leggermi che cosa avevo scritto. ...Continua...

sabato 16 agosto 2008

A volte vedo

Sottile malinconia

Che occupi il fondo di quel cuore sudato,

lo sai che è tuo.

Se potessi scacciare quella spina nel fianco, quel velo pietoso di lutto antico e presente, quella fila di donne che piangono

Una canzone senza fiori, senza vita ne unghie!

Se squartassi quella palude di anima

Con grandi coltelli

e potessi comprare da voi tutti un pezzo di vita,

potrei ridere anch’io con i denti,

anch’io guardare solo con occhi.

Morte,

Il tuo frusciare di alito pesante è la lama avvelenata di un coltello che sta come una sentenza sulle nostre teste e sibila al vento

E ride

di questo nostro andare spastico cercando la soluzione.

Musa ispiratrice o nemica,

Vogliono relegarti tra file di marmi,

zolle di terra fradicia

e fievoli fiammelle sbiadite

dal puzzo di corpi derelitti.

Il tuo regno non è fatto di fiori gualciti di pianto o pioggia, è il cuore di un uomo senza scarpe e senza passo.

Sirena azzurra come folgore nella notte, urli e tremo.

lunedì 11 agosto 2008

...a settembre...

Dovremo attendere ancora qualche settimana prima della presentazione ufficiale del romanzo Nuda a Falconara Marittima, presso la sede dell'associazione culturale l'Orecchio di Van Gogh, con la presenza dell'Autrice.

martedì 5 agosto 2008

intervista a Rosa Fiorita (seconda parte)

A chi è rivolto principalmente questo libro? Alle persone legate a vario titolo a questa vicenda, oppure a tutte le donne in generale?

Non intendo essere il cartello o la propaganda vivente di nessuno. Sono solo le mie idee scritte su carta.

Hai scelto un percorso narrativo in cui alla denuncia hai preferito la riflessione esistenziale. Per quale ragione?

Perché non c’è nulla da denunciare e molto da riflettere.


Quanto tempo hai impiegato per scrivere il libro?

Tra stesura a mano ribattitura, correzioni e inserimenti circa dodici mesi.

Come nasce in te la vocazione della scrittura?

Ho sempre coltivato la passione dello scrivere fin da piccola, poi come spesso accade la vita mi ha tenuto lontana da una parte di me. Poi ho dovuto affrontare me stessa e soffrire per capire se fossi in grado davvero di scrivere. In questo sono stata aiutata e obbligata direi da una persona, che mi ha impedito di nascondermi dietro a un dito.

mercoledì 30 luglio 2008

intervista a Rosa Fiorita (prima parte)

Chi è Rosa Fiorita?

Una donna, o meglio, una persona come tante.

In “Nuda” tocchi un tema molto forte affrontandolo con grande capacità di scavo e di penetrazione psicologica. Come pensi di esserti posta nei confronti di questa situazione?

Con naturalezza e semplicità cercando di percorrere appieno il viaggio della vita con la forza della parola scritta.

È stato difficile scriverne oppure il desiderio di fare chiarezza è stato più forte ed immediato?

Nessun desiderio di fare chiarezza ma un atto doveroso nei miei confronti.

Quali reazioni hai registrato nella tua città? E quali pareri solleverà a tuo avviso nei prossimi mesi la lettura del libro?

Non mi pongo né la prima né la seconda domanda e francamente di conseguenza non ho risposte in merito.

Che cosa ti aspetti principalmente : riscatto pubblico o riconoscimento letterario?

Riscatto? Non ho nulla da riscattare o da cui essere riscattata e il riconoscimento letterario non posso né pretenderlo né aspettarmelo. Mi basta che il libro mi piaccia e piaccia ad un'altra persona.